La schiavitù in Brasile e la nascita della capoeira
Il 1500 è la data di inizio della dominazione coloniale portoghese in Brasile, che durerà fino al 1822, anno in cui il Brasile conquista l’ indipendenza.
I portoghesi cominciano a importare schiavi neri dall’ Africa: dal 1500 al 1888 quasi quattro milioni di africani attraversano forzatamente l’ Atlantico per stabilirsi in Brasile, dove sono costretti a lavorare in condizioni disumane.
Nei territori sconfinati e ricchissimi del Brasile, gli schiavi vennero lasciati a loro stessi, con l’ unico accorgimento di mescolare popoli, tribù ed etnie differenti e spesso nemiche allo scopo di osteggiarne i rapporti umani. Vivevano in piccoli raggruppamenti di basse capanne all’ interno delle piantagioni, chiamati senzalas.
Nella senzala, nonostante le prime difficoltà determinate dalla convivenza forzata di culture diverse e spesso nemiche, con l’ andar del tempo si costituisce una nuova cultura, più ricca e varia, di stampo africano. La naturale propensione all’ espressione musicale e alla danza, le tradizioni marziali di ciascun popolo si scambiano e si uniscono creando le basi per la nascita della capoeira.
Il lavoro nelle piantagioni era davvero massacrante e presto gli schiavi cominciavano a fuggire. La fuga di uno schiavo era molto temuta sia per la perdita economica che per l’ esempio che il fuggitivo avrebbe costituito per gli altri. Così si mettevano taglie sui fuggiaschi e si pagava una guardia speciale per impedire tali fughe o per rincorrere i fuggiaschi. Questa guardia era nota per la sua crudeltà. Gli schiavi in fuga (essendo disarmati) si difendevano usando intelligenza, coraggio e astuzia (malandragem) fondamento psicologico della capoeira.
Quando le fughe avevano buon esito, i fuggitivi si rifugiavano nella foresta e piano piano si andarono organizzando in villaggi chiamati quilombos, dove la capoeira veniva perfezionata come tecnica di attacco e difesa. Se un fuggitivo veniva catturato e riportato nella piantagione, insegnava le tecniche di combattimento a gli altri schiavi e li incitava alla fuga. Ben presto i proprietari delle piantagioni vietarono la pratica di combattimenti fra schiavi, così la lotta fu camuffata in danza, con musica e canti.
Nel 1822 il Brasile ottiene l ‘ indipendenza dal Portogallo , ma la schiavitù resta ancora in vigore fino a quando, nel 1888, la Principessa Isabella, figlia dell’imperatore Pietro II e allora reggente in suo nome, abolisce definitivamente la schiavitù.
Gli schiavi liberati vennero abbandonati a loro stessi e molti di loro si dettero alla malavita. In questo periodo, soprattutto dopo la proclamazione della repubblica, la capoeira viene associata per l’ appunto agli ex-schiavi liberati, e quindi ad un elemento di destabilizzazione sociale: è quindi dichiarata illegale.
La capoeira trova nell’ ambiente del porto di Salvador tutti i suoi elementi: una comunità dedita a lavori che richiedono grande forza fisica, immersa nella musica e nel ritmo, costretta a sviluppare capacità marziali a causa dell’ ambiente violento.
Di fatto, anche dopo la legalizzazione, avvenuta solo tra il 1930 e il 1934 per volontà del presidente Getulio Vargas, la capoeira rimase a lungo associata a fenomeni di disordine sociale, di destabilizzazione e di marginalità.
Soltanto ultimamente, dopo gli anni ’80 la capoeira ha iniziato ad essere riconosciuta come un’ attività sportiva dignitosa ed efficace.